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Si è  evitato il rischio di una turnazione dell’acqua a Roma per un semplice motivo: il caos che questa scelta avrebbe generato sul sistema politico e mediatico romano, travolto dal riverbero delle proteste dei cittadini, sarebbe stato esiziale. In un contesto di altissima conflittualità istituzionale, il Lago di Bracciano avrebbe infatti finito per pagare un prezzo più alto di quello che ha già  fin qui pagato. Perché a ben guardare questa crisi idrica non riguarda il lago di Bracciano, non è cioè un problema che trae origine tra le colline sabatine, ma è generata da un corto circuito che ha il suo epicentro nella bassa valle del Tevere tra l’ansa di campo Marzio, il Campidoglio e l’Ostiense. I comuni del Lago sono fuori da questa partita. La crisi idrica è più legata alla architettura che regola il sistema di rete, la sua governance complessiva che riflette quella stessa della città. Insomma è crisi politica, nel senso di crisi della polis nel suo insieme.Bene hanno fatto i tre sindaci del Lago a chiedere il commissariamento dell’atomo e un sistema trasparente di gestione. Difficile che però le loro richieste vengano recepite da un sistema politico in crisi di governance. Bello in questo senso il post pubblicato oggi da Rinaldo Mattera, “L’acqua pubblica è un problema di governance.” @rynux7 https://medium.com/@rinaldo.mattera/lacqua-pubblica-%C3%A8-un-problema-di-governance-443c4d05826c.
Riprende un caso analogo raccontato da Lisa Björkman in Pipe Politics. Contested waters. Embedded Infrastructures of Millennial Mumbai, Durham, Duke University Press, 2015, pp. 281, e accaduto a Mumbai negli anni ’90.
Anche in quel caso, la politica dei tubi concorre a ridefinire l’agorà della città e il rapporto tra centro e periferia.
La decisione presa da Zingaretti e da Poletti e salutata da Raggi come un grande successo non ha nulla a che vedere con la soluzione di queste dinamiche complesse. È  solo un rinvio della questione nel più romano, anzi romanesco, “se ne riparla a settembre”. L’obiettivo è stato depotenziare il conflitto ed evitare la resa dei conti definitiva. Anche la riduzione dei prelievi da parte di Acea fa il paio con la riduzione dei consumi legata allo svuotamento della città per il mese di Agosto. Inoltre si è voluto ribadire che Roma non può restare senza acqua; Lariano (Roma-Ato2), per esempio, invece si. Quello che però non si è definito è a quale costo dovrebbe essere garantito questo diritto inalienabile dei romani. Un diritto che serve più a garantire la pax politica nella  governance romana più che la doccia ai cittadini. Fino a che punto si potrà continuare ad usare il lago di Bracciano? E fino a che punto sarà possibile stressare il suo ecosistema? E chi dovrebbe controllare sul rispetto di queste regole, con quali strumenti?

Quando il primo Settembre saremo tornati dalle ferie, i rubinetti a Roma saranno tornati a pieno regime. Fino ad oggi,  a garantire il fabbisogno c’erano anche i 1200 litri al secondo in media prelevati dal lago di Bracciano. Dal primo Settembre questo prelievo sarà vietato. Ma quanto è credibile questo blocco? Se ad Agosto era impensabile lasciare ospedali, pompieri e commercianti senza acqua, perché  invece a Settembre lo sarebbe?  Unica certezza che abbiamo è che l’acqua a disposizione sarà sempre meno. A quel punto e visto il caldo in arrivo il lago sarà sceso almeno di un’altra ventina di centimetri, andando a sfiorare la quota di meno 200. Ma ora non pensiamoci: vamos a la playa!

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