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Il ricorso contro la delibera della Regione Lazio è fatta a tutela dell’asset e della concessione. Lo ha precisato in una nota emessa lo scorso 30 marzo Acea. In qualche modo con questa nota Acea fa chiarezza sui termini reali della questione che poco hanno a che fare con la sicurezza degli approvvigionamenti idrici della città di Roma e ai diritti dei suoi abitanti e molto invece sono vincolati ai bilanci e alla esposizione finanziaria della società.

E’ la prima volta che la multinazionale dell’Ostiense parla esplicitamente in questi termini e usa la parola asset. Un termine preciso dal significato inequivocabile: “Qualsiasi bene di proprietà di un’azienda (macchinari, merci, ecc.), che possa essere monetizzato e quindi usato per il pagamento di debiti“. In altri termini, Acea sta dicendo che il diritto di concessione sull’acqua del lago di Bracciano non gli serve per dissetare i romani (infatti non capta più da oltre otto mesi), ma per fare da garanzia nei confronti dei creditori che può anche, in linea teorica, essere venduto o ceduto a terzi. 

Il lago di Bracciano si è rimpiccolito, intervista a David Rossi

Una fascia considerevole dei fondali è ormai emersa.

Che la questione dello stato delle riserve idriche di Bracciano fosse una questione che dovesse essere considerata anche dagli analisti della Borsa di Milano, lo avevamo scritto già su questo sito in occasione della presentazione del nuovo piano industriale di Acea. Qui potete leggere il nostro precedente articolo. Ora pero’ l’ammissione di Acea apre nuovi interrogativi in merito alla gestione di questo asset. Se infatti il prossimo 18 aprile il giudice dovesse respingere il ricorso di Acea, la società potrebbe veder ridimensionato il suo patrimonio e con esso anche la sua capacità di offrire garanzie ai creditori, cui nel frattempo, è stato chiesto un intervento a sostegno dell’ambizioso nuovo piano industriale. In altri termini ci potrebbero essere ripercussioni immediate sul titolo e, in prospettiva, anche sui bilanci di Acea e dei suoi azionisti, in particolare di Roma Capitale. La questione da prettamente ambientale diventa finanziaria e patrimoniale.

Per capire meglio l’entità di questo rischio bisognerebbe capire quanto è valutato, nel patrimonio di Acea, questo asset. Si tratta di informazioni che non siamo in grado di conoscere nel dettaglio, ma che possiamo provare a ricostruire. In primo luogo possiamo conoscere a grandi linea il valore al metro cubo dell’acqua. Nel 2015 il rapporto elaborato dalla Fédération Professionnelle des Entreprises de l’Eau stimava in Italia un costo medio per metro cubo per l’acqua potabile pari a circa 1,35 euro. In secondo luogo possiamo cercare di capire a quanto ammonta la quantità di acqua prelevabile da Acea dal lago di Bracciano.

Qui il contenzioso entra nel vivo perchè il ricorso dell’Acea considera il suo un diritto senza limiti che vale su tutto il volume di acqua (pari a circa 5, 132 miliardi metri cubi d’acqua). Per la Regione invece Acea puo’ prelevare acqua solo per una piccola parte del totale e cioè per una fascia pari a circa 114 cm di spessore che contiene un volume d’acqua stimato in circa 60 milioni di metri cubi annui (si tratta pur sempre di un valore considerevole pari a circa 84,5 milioni di euro). Occorre considerare che non tutta l’acqua all’interno di questa fascia è disponibile per Acea. Intanto perchè una buona parte viene prelevata dalla evaporazione e poi perchè difficilmente il lago raggiunge, nel corso delle oscillazioni annuali, lo zero idrometrico. I dati dei prelievi degli ultimi anni  indicano che la quantità di acqua effettivamente attinta si aggira tra i 30 e i 20 milioni di metri cubi, ovvero tra i 48 e i 27 milioni di euro. Nell’arco di piano industriale 2018-2022 Acea punta a distribuire 700 milioni di euro di dividendi, circa 140 annui. 

Il grafico delle azioni Acea nell’ultimo anno, fino al giorno della presentazione del piano industriale (27 novembre 2017)

 

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