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Oggi è davvero una giornata particolare. Entro la serata la Consigliera di Stato, Stefania Santoleri, pronuncerà la sua sentenza in qualità di giudice monocratico del Tribunale Superiore delle Acque sul ricorso voluto dalla Sindaca di Roma, Virginia Raggi, contro l’Ordinanza firmata da Nicola Zingaretti, Governatore della Regione Lazio, che impone uno blocco alle captazioni dell’Acea dal Lago di Bracciano entro il prossimo 1 settembre.

Si tratta di un passaggio chiave che pero’ a nostro avviso non esaurisce la necessità di chiarire molti degli aspetti che sono emersi in questa lunga e complessa vicenda che vede la Città di Roma precipitare dentro una crisi idrica inedita.

Pipe politics, la politica di gestione delle reti

In questa vicenda, sono infatti emersi tutti gli snodi di una città e di un suo modello di governance dei sistemi che appare incapace di trovare soluzioni a problemi concreti di gestione. La necessità di garantire l’approvvigionamento idrico della capitale sta portando all’esaurimento complessivo delle risorse. Non solo quelle del lago di Bracciano. Anche le altre e ben piu’ consistenti fonti che sostengono gli acquedotti del Peschiera sono in crisi e sotto forte stress e anche in quei casi si apre un conflitto con le popolazioni locali che vedono sottrarre quelle importanti risorse.

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Inchiesta e minaccia

Uno dei tubi spezzati spacciati per captazioni abusive che rubano l’acqua ai romani

Intorno al lago di Bracciano le forme del conflitto hanno assunto la dimensione dell’inchiesta giudiziaria che viene accompagnata da inchieste giornalistiche che puntano l’indice contro “i ladri d’acqua” e contro le captazioni abusive. In queste inchieste si parla di “centinaia di pozzi abusivi” destinati ad alimentare l’economia sommersa delle conserve per l’inverno. In altri reportage non si esita ad accompagnare i servizi giornalistici con foto di tubature che poi, ad una attenta verifica, si sono dimostrati essere interrotti, interrati e inattivi da almeno qualche decina di anni. Oppure, ed è il caso di una troupe televisiva proprio ieri, si mostrano tubi che in realtà sono destinati ad ospitare cavi elettrici, come fossero captazioni abusive. Vere e proprie bufale. Intendiamoci gli abusivi ci sono, ma i guardia parco, nel corso dell’inchiesta ne hanno trovati solo 33 di allacci e non tutti sono abusivi. Anzi. Lo stesso vale per i pozzi su cui, secondo alcuni quotidiani, ci sarebbe un vero e proprio Far West. Bene hanno fatto il Parco, i comuni del Territorio e il Consorzio di navigazione ad esprimere in una nota congiunta il suo disappunto sulla vicenda.

Di chi è l’acqua del lago di Bracciano. Chi ha il diritto di usarla? A quali scopi e in quali quantità? 

A nostro avviso non è un caso che questi servizi sia prodotti in queste ore di vigilia del pronunciamento del giudice.

Un tratto di Costa del Lago di Bracciano

Il giochetto è quello di puntare – all’interno di una rinegoziazione della convenzione che permette ad Acea di prelevare acqua dal lago di Bracciano – a reclamare una esclusività, da parte del concessionario sull’uso dell’acqua del lago. Il concetto di abuso è legato al concetto di norma, di legge e di proprietà.  “L’Acqua e il suo uso appartengono in via esclusiva al concessionario che puo’ usarla a suo piacimento e senza limite” è il messaggio che sottintende questa campagna di informazione. Una campagna a cui fa il paio la minaccia del ministro Galletti a commissariare l’unico comune del lago che non ha ancora aderito ad Acea Ato 2, Anguillara. L’acqua deve diventare secondo questo disegno competenza esclusiva del gestore che ne conferisce poi a sua volta il diritto di utilizzo attraverso l’erogazione di servizi.

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Sono esclusi, da questa lettura, i diritti e gli usi dei cittadini che vivono intorno alla risorsa idrica, che diventano così tutti abusivi, o al limite, clienti del concessionario. Neanche fossimo ai tempi dei feudatari. Anzi, peggio, perchè ai tempi dei feudi, per le popolazioni locali era previsto l’uso delle risorse ambientali (pascoli, boschi laghi, sorgenti). Ora invece si vorrebbe che tutto passasse dietro un contratto di fornitura con il concessionario che, a sua volta, definisce costi e modalità di utilizzo dell’acqua. Insomma è Acea che decide a chi deve andare l’acqua e a chi no,creando cittadini di seria A, quelli a cui l’acqua non deve mancare mai, e di serie B, a cui l’acqua puo’ essere erogata a fasi alterne.

Grafico livello Lago di Bracciano 2016 fino al 31 marzo 2017 Fonte dati Acea

Anche se in questa faccenda l’unico abuso che sembra evidente è quello compiuto dall’Acea, che nonostante la siccità evidente, ha continuato a pescare acqua ben oltre il limite della concessione che le consente di prelevarla che la vincola a rispettare le oscillazioni naturali del lago.

Ecosistema a rischio

Il tutto a discapito della effettiva disponibilità della risorsa, come appare evidente nel caso del lago di Bracciano, dove i prelievi sono continuati anche nella piena consapevolezza che nel corso dell’inverno il lago non avrebbe ricaricato le sue falde.

L‘acqua è il prodotto di un ecosistema in cui la presenza dell’uomo ha modellato, attraverso usi secolari, il territorio. Ne ha favorito la coltivazione di faggi, castagni e querce, come ne ha predisposto le aree a pascolo. L’acqua che arriva a Roma è il prodotto di un ecosistema in salute, il cui valore si regge anche attraverso la gestione della riserva idrica, che in duemila anni di storia, non ha mai visto questo tipo di crisi. Gli strappi che oggi vengono portati a questo sistema complesso attraverso un nuovo e piu’ intensivo utilizzo dell’acqua del lago, minano alla radice questo ecosistema di cui, anche i cittadini romani sono parte integrante.

Serve una rivoluzione del modello di gestione

Rilevazione livello lago di Bracciano 14 agosto 2017, meno 174 centimetri, foto di Armin

Dal 2015 chiediamo a gran voce che il sistema lago sia gestito in maniera completamente diversa. Serve in primo luogo un bilancio idrico del lago. Occorre conoscere in tempo reale la disponibilità d’acqua e occorre ripartirne equamente l’utilizzo.

I dati su cui vengono prese le decisioni devono essere pubblici e accessibili a tutti. Il gestore di questo sistema non puo’ essere il concessionario. Negli Stati Uniti modelli in tal senso esistono come pure esistono progetti che prevedono la gestione integrata dei bacini idrici in cui, è il caso di New York e del fiume Hudson – è riconosciuto anche il valore ecosistemico del bacino. Questa crisi idrica puo’ essere una grande occasione per Roma per ridisegnare il rapporto con il suo stesso ecosistema, quello che la nutre e la rifornisce di acqua.

 

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